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Tra Migrazione ed Ecologia delle Culture

Un’esperienza in provincia di Bergamo a cura di Rita Finco

La Filosofia Ambientale che Anima il Triciclo

Il mondo non finirà per mancanza di cose belle, ma per mancanza del senso della meraviglia

Chesterton

San Benedetto ricostruisce l’Europa dopo la caduta dell’impero romano costruendo le abbazie sul principio “ora et labora”, cioè unendo fede, ragione, lavoro e carità. In una situazione in cui le strutture economiche e sociali avevano ceduto, San Benedetto per una nuova partenza considera l’uomo come creatura che rende lode al suo creatore con la preghiera e il lavoro. In tal modo il lavoro perde la connotazione della condanna, resta una fatica, ma acquista le caratteristiche della “creatività” tanto per chi agisce [compie; esegue] il lavoro e si realizza, quanto per l’oggetto del lavoro che diventa bene, ricchezza e miglioramento del creato. È a questa visione dell’uomo e dell’ambiente che si ispira anche l’attività del laboratorio “triciclo”, in un tempo tumultuoso per le grandi migrazioni di persone dal Sud verso il Nord del mondo. Il “triciclo”, come San Benedetto, non si chiude in torri d’avorio a preservare una cultura, ma fa cultura nell’operare in mezzo ai problemi urgenti e concreti. Non si butta nella battaglia politica, ma impara sul campo i bisogni che richiedono anche interventi politici per soddisfarli. Questo laboratorio occupazionale vede l’uomo che giunge in Europa con mille difficoltà e problemi, e lo accoglie mettendo al centro di tutto la sua dignità e libertà. A quell’uomo offre delle opportunità per vivere e lo avvia all’autosufficienza e all’integrazione attraverso lo studio e il lavoro. Non si tratta però solo di lavoro, che ha comunque valore, ma di un lavoro che alle normali finalità aggiunge quella di perseguire una relazione armoniosa della persona con l’ambiente naturale, rispettandone i beni e valorizzandone le risorse.

L’idea di un laboratorio come quello del “triciclo” ha quindi origini lontane ed illustri precursori. E ci suggerisce che forse l’idea di ambiente è molto più antica di quanto pensiamo. Tra i concetti di natura, ambiente e creato c’è un progressivo affinamento, ma non possiamo dire che vi sia stata una evoluzione cronologica che il pensiero moderno ha elaborato. Infatti nell’antichità esistevano tanto l’idea di natura quanto quella di creato, e l’ambiente, inteso come conoscenza della natura e relazione responsabile con essa, è diventato consapevolezza comune solo alla fine del 900’, emersa come germoglio dell’idea di creato con San Benedetto nel quinto secolo.

L’uomo ha sempre oscillato, ed ancora oggi governi ed istituzioni oscillano, tra l’atteggiamento, prevalente, di dominio e di rapina nei confronti dell’ambiente naturale, e quello di sottomissione alla natura. Ma nella storia dell’umanità la possente ispirazione religiosa ha indotto nell’uomo, e quindi nella sua organizzazione sociale, un sentimento di amicizia e di rispetto nei confronti dell’ambiente. La sapienza delle varie religioni ci aiuta a scoprire le radici di una concezione del rapporto tra l’uomo e il mondo in cui viene superata l’alternativa tra servo o padrone, non nel senso di padroncino buono, ma con un’impostazione che va radicalmente al di là di questi termini.

La tradizione giudaico-cristiana è tutta un tripudio di gioia e lode a Dio creatore dell’universo: il creato, minerali, vegetali ed animali è buono, è lieto, ed è affidato all’uomo fatto ad immagine di Dio. Per gli antichi Greci esiste “Physis”, la Natura, che era costituita dall’ambiente naturale, ed in esso tutte le cose erano unite da un legame di senso, di significato, giungendo a cogliere l’esistenza di un ordine cosmico e limitandosi a questo. Gli Egizi pongono sopra tutto un Dio creatore e poi hanno il culto delle sue creature come il sole. Nella cultura degli Indù, l’essere umano non può disporre a suo piacimento della natura, anche se ne avesse le capacità tecniche, perché “la terra è di Dio” e l’uomo, nei confronti della natura, va considerato come guardiano, custode. Egli riceve il mondo come un dono che non può trasformarsi in possesso: il bisogno non instaura un diritto.

Un Indiano d’America prega lo Spirito creatore perché il suo popolo instauri un rapporto di amicizia e di pace con la natura:

Grande Spirito, trasforma i nostri cuori
affinché non portiamo via
dalla bellezza del creato
più di quanto noi gli diamo.
Insegnaci a non distruggere nulla con leggerezza
per soddisfare la nostra avidità,
a non dimenticare mai di prestare le nostre mani
per edificare la bellezza della terra,
a non prendere mai ciò di cui non abbiamo bisogno.
Se noi ci prendiamo cura di lei,
la terra si prenderà cura di noi.

San Francesco d’Assisi in pieno Medio Evo, portando sul suo corpo le stimmate di Cristo, riesce a sviluppare un rapporto di gioia e di gioco con la natura e con le sue creature, e ci propone una visione luminosa di ogni elemento del creato. Si è tanto pacificato col mondo da sentirsi non solo in pace ma in rapporto di fraternità con tutto. Tale visione discende dalla consapevolezza che ogni cosa ci è stata data dal Creatore, per cui canta in continuazione :” Laudato sii mi Signore …”. San Francesco propone una visione cristiana che per l’ambiente creato va oltre il rispetto, che diventa il livello minimo, e passa all’amicizia, lo accoglie come un tesoro, lo tratta con particolare cura ed affetto perché gli parla dell’amore di chi gli ha fatto quel dono.

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Le persone che animano il laboratorio occupazionale “triciclo” sono ben consapevoli di ispirarsi nel loro agire agli insegnamenti di religioni diverse.

Tra esse anche al “Compendio della dottrina sociale della Chiesa” che in molte Encicliche ha richiamato l’attenzione sul tema della salvaguardia del creato. Nell’enciclica “Laborem exercens” rivolge al cristiano alcune raccomandazioni: non idolatrare scienza e tecnica, per non sacrificare la persona sull’altare del progresso. Non rendere la terra un’immensa pattumiera, per rispetto alla presente e alla futura generazione. Non considerare il lavoro come merce, ma come contributo alla continua creazione di spazi in cui sia possibile riposare, giocare e contemplare. Non obbedire a leggi ingiuste, a imposizioni consumistiche, a scelte che degradano l’ambiente. Non ledere la sanità fisica dei lavoratori e la loro integrità morale. L’enciclica “Sollicitudo rei socialis” afferma che l’essere umano non è l’unica parola della creazione. Il dominio accordato dal Creatore all’uomo non è un potere assoluto, né si può parlare di libertà di “ usare e di abusare”, o di disporre delle cose come meglio aggrada. La limitazione imposta dal Creatore fin dal principio, ed espressa simbolicamente con la “proibizione di mangiare i frutti dell’albero”, mostra con sufficiente chiarezza che, nei confronti della natura visibile, siamo sottomessi a leggi non solo biologiche, ma anche morali: l’uomo sappia che non le può impunemente trasgredire.

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