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Il "Triciclo"

Storia

1991

L'Associazione Comunità Immigrati Ruah Onlus nasce nel 1991 in collaborazione con Caritas Diocesana Bergamasca per rispondere all’emergenza migratoria sul territorio di Bergamo.

1997

Nel 1997 nasce il Laboratorio “Triciclo” dall’idea di Giulio Baroni, l’allora presidente del centro di accoglienza. Giulio aveva compreso che ai migranti non bastava solo un letto e del cibo, ma altri bisogni primari erano imparare l’italiano e lavorare. Prendendo esempio dal patronato San Vincenzo che da anni faceva la raccolta di stracci, è venuta l’idea di creare un mini-progetto in cui i migranti raccogliessero mobili, abiti e oggetti di cui la gente bergamasca non aveva più bisogno per poi rivenderli all’interno di un piccolo mercatino. Il ricavato di questa piccola attività economica veniva poi utilizzato per coprire le spese dell’attività stessa e per offrire un rimborso ai migranti che permettesse loro di vivere più dignitosamente. Il “Triciclo” nasce in particolare per queste persone, le quali senza integrazione sociale rischiano di perdere il legame con la realtà che li circonda e di isolarsi sempre più.

Per un paio di mesi questa attività viene portata avanti in maniera sporadica; a maggio del ’97 però viene assunto un operatore full-time, incaricato di organizzare ed ampliare il “Triciclo”. Viene dunque acquistato un camion e si inizia un processo sistematico di raccolta di mobili, oggettistica, elettrodomestici, vestiti e tutto ciò che, per vari motivi, la gente bergamasca scarta.

1999

Nel corso del 1999, il Laboratorio “Triciclo” si pone l'obiettivo di crescere, dando la possibilità anche a soggetti “non-migranti” di ottenere una posizione lavorativa. Viene quindi siglato un accordo con il Comune di Bergamo attraverso il Servizio di Integrazione Sociale (S.I.S.) per gli inserimenti lavorativi propedeutici anche di Italiani in difficoltà. Questa iniziativa permette al “Triciclo” di crescere in termini di staff, abbracciando e aiutando coloro in condizioni di disagio sociale.

Ancora oggi, alcuni lavoratori entrati in Cooperativa attraverso questo programma fanno parte del nostro team e delle nostre risorse umane!

2001
Dal 2001, il laboratorio Triciclo gestisce, in collaborazione con la Caritas Diocesana Bergamasca, la raccolta di abiti usati donati dai cittadini nei famosi “cassonetti gialli”. Con più di 150 punti di raccolta dislocati nella città di Bergamo e provincia, i nostri operatori si occupano quotidianamente dello svuotamento dei cassonetti, del trasporto, della valutazione e dell’eventuale smaltimento degli abiti più usurati. Superata un'accurata selezione, i capi di “prima scelta” vengono destinati alla ri-immissione nel mercato second-hand.
Questo processo promuove l’economia circolare dell’abito, garantendo inoltre posti di lavoro per persone svantaggiate e in difficoltà

2003

Nel 2003, la Comunità Ruah di Bergamo, attraverso il laboratorio Triciclo, decide di aderire al progetto RI.CA.RI.CA. (Ritiro, Cartucce, Rigenera, Cambiamento), ritenendolo in linea con la sua mission, ovvero attenzione alle persone più deboli, cura dell’ambiente ed economia sostenibile. Lanciato nel 2002 dal consorzio di cooperative sociali “Farsi Prossimo” di Milano (promosso dalla Caritas Ambrosiana) con Legambiente e WWF, l’obiettivo di RI.CA.RI.CA. è infatti di raccogliere e recuperare, sia da privati che da uffici pubblici e istituzioni, le cartucce esauste per stampanti tipo LASER ed INK JET, allo scopo di essere successivamente rigenerate; allo stesso tempo, il servizio offre un’opportunità di lavoro a soggetti provenienti da diverse aree di disagio sociale.

2005
Il 12 Marzo 2005 viene inaugurato il nuovo magazzino di Triciclo a Bergamo, in via Cavalieri di Vittorio Veneto, 14.
Questa nuova sede permette non solo una migliore distribuzione degli spazi per la gestione dei servizi che il laboratorio offre, ma consente anche di ampliare ulteriormente l’offerta del negozio.
Tutt'oggi questo capannone è la sede operativa del Laboratorio T-Riciclo; uno spazio flessibile, in continua evoluzione che si adatta ad ogni esigenza!

2009
Nel Gennaio 2009 nasce la Cooperativa Impresa Sociale Ruah.

2010
A seguito dell’aumento degli abiti usati ritirati, Ruah apre nel Maggio del 2010 a Seriate “Rivestiti”, un negozio concepito per dare maggiore valore e nuova vita all’usato di qualità, con un occhio di riguardo verso gli articoli vintage. L’apertura di questa nuova attività, oltre a fornire un ulteriore canale di vendita sviluppato ad hoc sulla filosofia del laboratorio Triciclo, permette anche di creare nuovi posti di lavoro e nuove opportunità di crescita.
A Febbraio 2018 il negozio viene trasferito a Bergamo, in via Broseta 79/a. Infine, nella primavera del 2021, lo store “Rivestiti” trova il suo corner dedicato presso la sede del Laboratorio Triciclo, dove diventa “Atelier T-Riciclo”.

2014
Nel 2014 parte il progetto “Abito di Casa in Casa”, in collaborazione con i Comuni di Bergamo, Albino, Grassobbio e Levate, che si propone di raccogliere abiti usati porta a porta.

2016
Nel 2016, Cooperativa Ruah acquista il capannone di Bergamo in via Cavalieri di Vittorio Veneto 14, presso cui il laboratorio Triciclo abita e opera.

2017
Nel 2017, Triciclo diventa il braccio operativo di Aprica SpA e del Comune di Bergamo per quanto riguarda la raccolta degli oli alimentari esausti prodotti dalle utenze domestiche. Nello stesso anno, inoltre, parte “Ci Siamo Tanto Amati”, in collaborazione con Aprica Spa, Comune di Bergamo e la Cooperativa Sociale Onlus Ecosviluppo. Il progetto ha sede presso il Laboratorio del Riuso, all’interno della Piattaforma Ecologica di via Goltara a Bergamo. Qua vengono raccolti mobili, casalinghi, giocattoli, abiti, libri, e tutti quegli oggetti che possono essere riutilizzati per destinarli a nuova vita, immettendoli in un circolo virtuoso di ri-utilizzo e generare valore sociale aggiunto. Gli oggetti raccolti vengono poi trasferiti al nostro Laboratorio Triciclo, dove sono valorizzati e rimessi in commercio. Il ricavato è poi utilizzato per sostenere il progetto “Terra fra le Mani” in Senegal, finalizzato allo sviluppo dell’imprenditoria femminile.

2020
Il 2020 è stato l’anno che ha rivoluzionato le nostre vite e anche Triciclo si è trovato ad affrontare una fase delicata del suo percorso.
Chiudere i servizi di vendita per quasi un anno ha infatti messo il laboratorio e le persone collegate ad esso a dura prova; questa “pausa forzata”, però, ci ha anche permesso di sviluppare nuove idee e progetti, con un occhio rivolto al futuro.

Il 2021 possiamo considerarlo l’anno della rinascita!
Il laboratorio Triciclo è più in fermento che mai, con tante novità, progetti e iniziative che non vediamo l’ora di condividere e raccontare alla comunità!
Il Laboratorio Triciclo cambia e si rinnova, e il nostro primo passo verso il futuro è il lancio del nostro nuovo logo e immagine coordinata!

2021

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Racconti

Storia

Marino, mio nonno materno, ragazzo del 1899 e Cavaliere di Vittorio Veneto, migrò a causa della Seconda Guerra Mondiale da Cologno al Serio, un piccolo paese della bassa pianura bergamasca, “fino” alla città di Treviglio, dove si stabilì con la famiglia, incominciando una nuova vita. Francesco, mio nonno paterno, classe 1919, emigrato in Belgio a lavorare in una miniera di carbone per aiutare economicamente la sua famiglia rimasta in Italia, morì, si dice, con un liquido nero al posto del sangue. Ed infine, io, Bruno, papà di Michele e Chiara, che dopo essere partito per circa sei anni per un’esperienza di volontariato internazionale in Mali, nel 1997 sono stato contatto per organizzare il laboratorio occupazionale “T-Riciclo”.

Oggi, dopo dieci anni, mi rendo conto di come l’esperienza del laboratorio “Triciclo” sia stata per me l’opportunità non solo di conoscere uomini e donne emigrati, ma di ripercorre la mia storia migratoria e quella della mia famiglia. All’epoca non avrei mai pensato che quella proposta mi avrebbe fatto incrociare l’esperienza umana dei miei avi.

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Ogni giorno uomini e donne stranieri ed italiani si recano alla sede del laboratorio occupazionale “Triciclo”, per svolgere un lavoro dignitoso che permetta loro non solo di rispondere ai loro bisogni, ma anche a quelli delle loro famiglie. Le attività che fondano il lavoro di queste persone, che per differenti motivi si trovano più di altri in situazione di bisogno, sono differenti: si passa dal ritiro a domicilio o in sede di mobili, oggetti, giochi, libri, casalinghi usati, allo sgombero di appartamenti, cantine e solai; dallo svuotamento dei cassonetti per la raccolta degli abiti usati, collocati su una parte del territorio della Diocesi di Bergamo, al ritiro presso scuole, comuni, aziende di cartucce esauste per stampanti e di telefonini usati; dalla gestione di un mercatino dell’usato all’organizzazione di campi di lavoro estivi e di laboratori[1].

In altre parole, il “Triciclo” ha cercato di creare, in questi anni, spazi lavorativi per immigrati non ancora inseriti nel circuito produttivo locale e spazi per l’inserimento propedeutico al lavoro di italiani in difficoltà che favorissero un percorso sia sociale che ecologico. Il laboratorio occupazionale, attraverso la sua attività di riciclaggio ed il lavoro di rete sul territorio in collaborazione con i partner del pubblico e del privato sociale, ha infatti maturato una particolare disponibilità e apertura nei confronti di persone in situazione di bisogno sia con background migratorio che non, promuovendo un’attività di inserimento propedeutico al lavoro per soggetti svantaggiati che, lavorando a fianco degli operatori, hanno modo di creare relazioni positive e utili per il loro recupero e reinserimento.

Il Patronato San Vincenzo

Storia

Il laboratorio occupazionale “Triciclo” nasce in collaborazione con il Patronato San Vincenzo, e come continuazione del lavoro iniziato fin dal 1950 da Don Bepo Vavassori, fondatore dello stesso.

“Il Patronato San Vincenzo col principio di quest’anno 1950 si è preso l’incarico di gestire l’opera dei rifiuti. Quest’opera raccoglie: carta, libri e registri usati, ossa, scatolame, vetri rotti, stracci, utensili fuori uso; materiale ingombrante, forse già posto sul solaio o negli scantinati; mobili, capi di vestiario, scarpe usate. Tali oggetti, quando occorre, vengono passati alla disinfezione, ma poi passano dai nostri laboratori da dove escono risanati come da una clinica. Non si raccolgono le spazzature perché non ci si può sostituire alla “Pastorino”; tutto il resto è buono. Questi rifiuti vengono selezionati e danno lavoro; vengono venduti e il ricavato va per una parte a beneficio di quest’opera e per l’altra a beneficio dell’opera missionaria.”[2]

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Il Concetto di Ecologia

Relazioni sociali e recupero beni

All’epoca, nessuno aveva colto la valenza ecologica di questa attività di recupero e di riciclo, ed in realtà nemmeno noi della Ruah lo avevamo immaginato all’inizio. Quando Don Bepo andava di casa in casa con i suoi ragazzi per recuperare cose vecchie, lo scopo primario era di togliere quei giovani dall’intraprendere una cattiva strada e di inserirli, attraverso il lavoro, nella realtà bergamasca dell’epoca. Ethos affine sotto moltissimi aspetti a quello che guida Ruah nei suoi progetti di inserimento lavorativo. Per parecchio tempo si è dunque pensato che l’operato di Don Bepo e il nostro avessero solo una rilevanza sociale ed educativa. Il lavoro quotidiano, la sensibilità degli operatori e una politica di salvaguardia dell’ambiente ci hanno portato, invece, a considerare seriamente anche l’impatto etico e morale di diffondere una cultura ecologica nel nostro territorio.

Il 22 aprile 2001 a Strasburgo i Presidenti delle Conferenze delle Chiese europee (KEK) e del Consiglio delle Conferenze Episcopali europee (CCEE), nel contesto dell’incontro Ecumenico europeo, hanno sottoscritto la Charta Oecumenica; ribadendo il loro desiderio di impegnarsi “insieme per realizzare condizioni sostenibili di vita per l’intero Creato” e “a sviluppare ulteriormente uno stile di vita nel quale, in contrapposizione al dominio della logica economica ed alla costrizione al consumo, accordiamo valore ad una qualità di vita responsabile e sostenibile”. Pertanto, oggi si sostiene il bisogno di pensare una nuova ecologia, sia in termini ecologico-ambientali che ecologici-umani, capace di proporre un modo diverso di essere ecologici nelle relazioni sociali e nel recupero dei beni.

Abbè Pierre

Verso la fine della sua esistenza al fianco dei più deboli, l’Abbè Pierre, padre fondatore delle Comunità Emmaus, scriveva:

"Ecco della gente che era perduta e che, di colpo, non commette più crimini: vive del proprio lavoro; fa dell’ecologia concreta, raccogliendo e riciclando tutto ciò che è possibile; e inoltre, riesce a dare. Nel 1992, i 4000 confratelli di Emmaus di Francia, dopo essersi pagati il cibo, i contributi sanitari, le pensioni e il resto, sono riusciti a dare circa 30 milioni di franchi ad organizzazioni umanitarie. Un giorno l’ho detto al primo ministro Laurent Fabius; lui ha fatto un rapido calcolo e ha poi detto: 'Senza Emmaus, il novanta per cento dei 4000 confratelli sarebbero all’ospedale, all’ospizio o in prigione per recidiva per reati derivanti dalla miseria. Il tutto costerebbe allo stato una somma colossale'."[3]

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L'Abbé Pierre nel 1999

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Non Solo Riciclaggio

Relazioni sociali e recupero beni

Per anni in Italia le parrocchie hanno raccolto carta, ferro, vetro, stracci, e vari materiali e oggetti di scarto; questo riciclaggio, però, non era visto come attenzione all’ambiente, ma come possibilità di finanziare opere caritative, di sostenere attività di promozione sociale nel nostro territorio oppure di favorire progetti in paesi emergenti del sud del mondo[4].

La complessità delle adempienze amministrativo-burocratiche legate ad un maggiore pressione legislativa in materia di rifiuti di questi ultimi anni, hanno gradatamente indotto le realtà parrocchiali del territorio ad abbandonare questo lavoro manuale che generava solidarietà, ma soprattutto educava al riciclaggio. Il laboratorio “Triciclo” ha in qualche modo ripreso e riformulato questa esperienza umana ed ecologica, adattandola al contesto attuale e tenendo in seria considerazione la dura legge del mercato e degli adempimenti amministrativi. Come noi, altre organizzazioni in Italia lavorano nel campo del recupero, riciclaggio, riutilizzo ambientale e sociale, non per altro le nostre tre parole chiave, che troviamo vicino al logo (RItiro – RIuso – RIciclo), sono adottate anche da loro[5].

La scelta di “usare” queste parole è stato per noi il primo passo di ri-ciclaggio di un pensiero che potremmo definire attivo, in quanto ricorda il movimento continuo di oggetti e persone che ogni giorno stazionano o passano nei nostri luoghi. Per molte persone, incontrate in questi anni, il “Triciclo” è stato non solo l’occasione per sperimentarsi in percorsi di re-inserimento sociale e per ri-mettersi in gioco, ma soprattutto una seconda possibilità di ritornare alla vita.

Inoltre, per molte di loro questo luogo rimane, anche a distanza di tempo, l’unica fonte di relazione con il mondo reale, con le altre persone che vivono la città. Passare per un saluto, per bere un caffè in compagnia e per fare due chiacchiere in un ambiente dove l’oggetto scartato riacquista valore è per queste persone un modo per continuare ad alimentare nel tempo il proprio valore. Per tale motivo siamo convinti nel sostenere che le persone acquistano continuamente valore e le stesse persone continuamente ci trasmettono il loro valore.

Bruno Goisis (ex-Presidente di Cooperativa Impresa Sociale Ruah - Dirigente Area Economia di Solidarietà)

[1] Per maggiori approfondimenti sulle attività sopraccitate vedi intervento “Laboratori di educazione all’ambiente e all’intercultura” di Bruno Goisis.

[2] Patronato San Vincenzo, Don Bepo 1888-1975, Edizioni SESAAB

[3] D. Scorza, “Intervista all'Abbé Pierre”, in Adesso, n°18, Giugno 2008.

[4] Ad esempio, nel 2000, la Comunità Ruah stessa, attraverso il laboratorio “Triciclo”, ha finanziato un progetto di cooperazione internazionale in appoggio ad un gruppo di donne senegalesi, di Dakar, che rivendevano nei mercati locali gli abiti raccolti, selezionati e igienizzati a Bergamo ed inviati con i container. Questo ha permesso alle donne di poter iniziare una piccola attività commerciale che, generando un reddito, consentiva loro di contribuire alle spese familiari. Con l’utile delle vendite, la cooperativa di donne ha proposto e ottenuto dalla Comunità Ruah il sostegno a due progetti educativi: l’apertura di un asilo in un quartiere povero di Dakar e di una scuola professionale per ragazze che, per diverse ragioni, avevano abbandonato gli studi. Quest’esperienza in Senegal è stata vincitrice nel 2008 del premio “Takunda”, concorso istituito dal Cesvi per i progetti di cooperazione internazionale; inoltre, il progetto ha spinto la Comunità Ruah a sostenere esperienze di questo tipo altre anche in altri paesi quali il Burkina Faso e l’Albania.

[5] Infatti, il primo contatto da noi avuto per imparare e trasferire nel nostro territorio bergamasco questa esperienza è stato con la Cooperativa “Triciclo” di Torino; da loro abbiamo sicuramente appreso che oltre al gesto materiale del recupero ecologico andava progettato un percorso più educativo e teorico da proporre al territorio. Abbiamo visitato alcune realtà di Verona e di Brescia dove ci si concentrava in particolare sul recupero della persona attraverso il recupero dei materiali. Molto belle ed interessanti le esperienze della cooperativa “Di mano in mano” di Bessimo (Mi) e dell’Associazione “Il Magazzino” di Treviglio (Bg); in entrambi i casi si tratta di strutture vicine alle nostre modalità di intervento. Coinvolgente l’esperienza vissuta nell’estate del 2006 quando in collaborazione con Emmaus Italia, la Comunità Ruah ha organizzato a Bergamo un campo di lavoro internazionale con la partecipazione di una trentina di giovani provenienti da tutta Europa. Da gennaio 2009 si sta costruendo una rete nazionale di organizzazioni che si occupano di ecologia, al fine di confrontare le differenti esperienze, le difficoltà, i punti di forza, le idee e i progetti in ambito di educazione ambientale.

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