– “Jack Mullin, l’inventore della (nostra) musica”
Gli eventi che condussero all’adozione del nastro magnetico nella registrazione della musica sono tanto casuali e contorto che la sua invenzione e diffusione sono lontani dall’esser stati inevitabili.
Poco prima della seconda guerra mondiale, Jack Mullin, ingegnere californiano, tentò di registrare senza successo su vari supporti diversi dal disco. In Europa, durante la guerra, poté ascoltare trasmissioni
radiofoniche tedesche, il cui fatto insolito per Mullin era che venissero trasmesse alle prime ore del mattino.
A meno che Hitler avesse ordinato di suonare nel cuore della notte, per Mullin, l’unica spiegazione era che i tedeschi fossero riusciti a realizzare strumenti in grado di registrare le orchestre con una resa fedele che sembrava suonassero dal vivo.
Per puro caso, le registrazioni provenivano da una città vicina a quella in cui Mullin era assegnato, dove mise le mani su alcuni modelli di questi registratori, che smontò, spedii in America e rimontò per capirne il funzionamento. Scoprì quindi le potenzialità del montaggio, della registrazione in pezzi e che si potevano incollare pezzi di diverse registrazioni… nacquero così le risate registrate!
Alexander Poniatoff, sugli studi di Mullin, fondò la Ampex, che costruiva gli apparecchi progettati da Mullin, ma le banche non volevano finanziare l’azienda. Fu il cantante Bing Crosby, stanco di cantare tutte le mattine in radio e più interessato al golf, a staccare un assegno a Mullin e la Ampex per la realizzazione in serie dei registratori.
Nacque così la musica registrata che oggi ascoltiamo su Spotify, dai vinili e dal resto dei supporti audio.